19 Feb. 2004

Ipercodifica, ipersemiosi

Per capire meglio il reale a volte bisogna porsi ai limiti, e polarizzarsi in una sorta di manicheismo strumentale.Partiamo dal fatto che noi siamo esseri che lavorano sui segni. Dalla mattina alla sera. E non è un fatto legato alla post-modernità o alle immagini deliranti di MTV: semplicemente succede che non ci rapportiamo alle “cose”, ma eseguiamo un continuo lavoro di codifica-decodifica-interpretazione sulle cose. Anzi, non ci sono proprio “cose” senza questo lavoro. Sei sul Web? Stai interpretando segni. Facile. Ma anche: sei sul tram? Pensa, anche lì lo stai facendo. Già più intrigante. Sei a tavola? Beh, anche lì stai codificando e decodificando segni. Mmmh…

Ma tutto questo è solo accademia. Il mio problema non è capire il nostro lavoro di interpretazione, ma spiegare i momenti in cui questa interpretazione “si spegne”. E succede spesso. Succede tutte le volte che qualcosa ci annoia o ci sembra “scontato” o ci sembra “naturale”. Sembra che tutto fili liscio. Questo è frutto di di ciò che potremmo chiamare ipercodifica. (approfondimenti quì) Alcuni esempi:

  • Il linguaggio gergale
  • Le frasi fatte
  • Le metafore morte
  • Le immagini di manager che si stringono la mano
  • Tutte le pubblicità delle automobili (e non solo…)
  • I pattern nel jazz
  • Le veline

L’ipercodifica insomma, frena la semiosi e limita (ovviamente) i casi di decodifica aberrante, per il semplice fatto che limita l’operazione di decodifica “tout court”. E’ come una minestra ermeneutica predigerita. Dall’altra parte, chiediamoci come si potrebbe rappresentare il contrario dell’ipercodifica.

Io la chiamerei ipersemiosi: la capacità, cioè, di un segno di eccedere la gamma dei suoi significati e di aprirsi ad una “riscrittura” del senso. E qui gli esempi scarseggiano. Forse la testimonianza più suggestiva di ipersemiosi l’ho incontrata qualche anno fa, assistendo al Leoncavallo ad una performance del Living Theatre.

l’attore,da solo, appare all’improvviso, rivolto verso il pubblico. Immobile sul palcoscenico. Illuminato. Fermo. Inespressivo. Passa un minuto, due, cinque…Niente. Le persone del pubblico cominciano a rumoreggiare, dapprima piano, poi più forte. Cominciano ad emergere voci distinte, partono urla urla, battute, schiamazzi. Le persone cominciano a scherzare tra di loro, lanciandosi battute a vicenda. Sempre più persone cominciano a stare al gioco e tutto si trasforma a poco a poco in una vivace performance collettiva. La tensione si sciogli, il “senso” comincia a costruirsi, ad affluire come una rassicurante cascata. Da brivido… Ecco: l’ipersemiosi è la capacità intrinseca di un segno di generare interpretazioni.

Ok, che centra tutto questo? Semplicemente, mi chiedo: quanto è aumentato il livello medio di ipercodifica in questi anni? Il web ci aiuterà a sovvertire il nostri frusti e malaticci codici ermeneutici?. Riusciremo, alla fine, a vincere la nostra ambiziosa, titanica, pazza, caccia al tesoro di una semiosi più ricca nelle nostre vite?