21 Mar. 2006

Per un uso sostenibile dello stagista

Cinzia, una delle tante tesiste che ho seguito nel tempo, mi confida che nell’azienda dove sta facendo lo stage (pagato, finalmente) si annoia a morte. Franco, altro neolaureato, mi parla di fotocopie. E altri miei allievi mi ripetono, periodicamente, la stessa solfa. Insomma: abbiamo brillanti laureati pieni di buona volontà che si ritrovano catapultati dal’oggi al domani in un’altra città, parcheggiati davanti ad un PC e nutriti da qualche polveroso organigramma da studiare o da qualche brochure che nessuno si degnerebbe di guardare. Perché?

La domanda è peregrina solo in apparenza: se lo stagista è trattato così, evidentemente, c’è sotto un idea del lavoro che forse va indagata meglio. Forse il lavoro è considerato troppo complesso per un novizo? La persona non conosce bene le procedure? Non vi fidate di chi non ha esperienza “sul campo”? Non scherziamo: forse avete un’idea troppo alta del vostro lavoro e un’idea troppo bassa degli altri. Quanto alle procedure…prima di diventare ‘procedure’ erano solo delle timide idee: forse però non ve lo ricordate più.

E allora vorrei provare a dare qualche indicazione per trattare meglio questa risorsa che, se ben usata, può dare un grande contributo al nostro lavoro.

1) Lo stagista non ha esperienza, ma proprio per questo è il miglior banco di prova per le nostre idee: ci dirà quello che pensa senza prudenze da quattro soldi e ci potrà fornire una visione fresca e non troppo compromessa dei nostri progetti.

2) Lo stagista è fresco di laurea, e per questo è il miglior candidato per confrontare i nostri metodi di lavoro con il più generale panorama accademico e dottrinale sull’argomento: potrà, se è il caso, fornire i dovuti approfondimenti e fare le dovute divagazioni. Guardate che non sono puttantate: tutto quello che facciamo, che lo sappiamo o no, sta sempre all’interno di un preciso “panorama”, ma questo panorama, spesso, lo ignoriamo perché troppo presi “al tornio”, a fare il pezzo. E’ bene che qualcuno ce lo illustri.

3) Lo stagista non è ancora invischiato nei nostri giochi politici da quattro soldi e può pertanto valutare in modo più sereno  i progetti e, soprattutto, lanciare delle idee che a noi non verrebbero mai in mente, causa la nostra irrimediabile autocensura. E’ un fattore di innovazione involontaria che va sfruttata.

4) Lo stagista ha voglia di lavorare: so che qualcuno potrà sorprendersi di questo, ma chi non ha sulle spalle anni di frustrazioni e tristi compromessi, chi deve mettere alla prova se stesso perché ha qualche cosa da dimostrare, lavora di più, meglio e con più entusiasmo. La cosa migliore per tutti, allora, è assecondare in tutti i modi questa insana pulsione. Poi passerà, ma per il momento perché non approfittarne, visto che ci guadagnano tutti?

5) lo stagista è molto più pronto di me e di voi ad affrontare i casi imprevisti: per lui tutto è nuovo, e quindi affronta le cose con una dose di energia cognitiva adatta a situazioni “di emergenza”, cosa che noi facciamo molto più raramente. Coglierà tutti i dettagli, sarà più pronto e, probabilmente, saprà elaborare meglio una soluzione, perché già orientato a risolvere in maniera creativa e divergente i problemi. Vorrei far notare di sfuggita che la vita lavorativa, oggi, non è fatta di compitini da svolgere, ma di emergenze da risolvere.

6) Infine, lo stagista ha un modo interiore, un modo che tiene dentro di se e che è la fotografia della vostra organizzazione. Quando vi fanno una fotografia digitate qual è la cosa che fate immediatamente? Non andate dal fotografo a vedere come siete venuti? Ecco, lo stagista vi ha fatto una foto: approfittatene.

Metteteli alla prova, portateli in riunione, dategli la parola quando potete, chiedete il loro parere, dategli degli obiettivi. Parlate con loro. Cercate di capire che cosa li motiva, che cosa  non gli quadra, che cosa pensano. Lo stagista è il vostro prezioso alleato, il vostro confidente, la vostra cartina di tornasole. E’ una persona laureata, intelligente e volenterosa. Buttatelo nella mischia, sommergetelo di lavoro, dategli delle sfide, guardate che cosa combina, provocatelo. Ascoltatelo.

Se userete così questa opportunità ci guadagnrete voi personalmente, ci guadagnerà l’azienda, ci guadagenrà lo stagista. In caso contrario, avremo sprecato un’altra occasione, producendo altri frustrati che giocano a solitario davanti al PC.