12 Mar. 2012

Il potere del pushing automagico

C’è un aspetto, nella strategia di costruzione dei social network interni e delle community di colleghi, che a dire il vero ho sempre sottovalutato, ma che mi è diventato chiarissimo leggendo il recente paper di steptwo “A week in the digital workplace“, una intelligente ed aggiornata rassegna di tool e caratteristiche innovative negli ambienti intranet raccontati in forma di narrazione, precisamente da punto di vista di un neo-assunto. Il racconto è in realtà basato su strumenti e casi realmente esistenti, in diverse aziende intercettate dalla società australiana.

Questo aspetto che ho sempre tralasciato riguarda l’integrazione degli aspetti di “push automatico” nella più generale strategia di adozione degli strumenti. Certo, sappiamo che nessuna iniziativa social interna può sopravvivere se non si alimenta del contributo e dell’azione volontaria delle persone (aspetto pull), e sappiamo anche che, allo stesso tempo, nella prima fase di un progetto del genere l’impegno nel favorire l’adozione e nel rompere le diverse forme di resistenza deve essere massima (aspetto push organizztivo).

Tuttavia ho sempre pensato questo impegno come uno “spingere” curato da qualcuno in carne e ossa (la redazione, il community manager ecc) e non come qualcosa che è inscritto nel sistema stesso.

Uno screenshot tratto dal report può aiutare a spiegarmi:

La nostra neo assunta è invitata, in maniera “automagica” a compiere delle azioni concrete e a sviluppare delle connessioni sulla base di informazioni che il sistema a elaborato: unirsi a gruppi di lavoro o di discussione, entrare in contatto con colleghi, svolgere dei task eccetera.

Voi direte: niente di nuovo. Facebook, Linkedin e tutti gli altri social network più popolari fanno questo da tempo. Anzi, questa caratteristica è presente anche in servizi 2.0 ante litteram, come i consigli di lettura di Amazon e così via.

E’ vero. Tuttavia questa caratteristica, così presente nei network della grande rete, non è stata adottata in modo altrettanto radicale dai sistemi enterprise e sfido chiunque sia alle prese con progetti del genere in Italia a citarmi  aziende che ci hanno pensato.

Ed è invece un pattern potentissimo, perché:

  • permette alle persone di prendere confidenza con il sistema (aspetto didattico);
  • seleziona nel mare magnum delle possibili azioni quelle più utili per le persone (aspetto economico);
  • fornisce un contesto divertente e un po’ misterioso al tutto (aspetto ludico).

Il sistema quindi dovrebbe potermi proporre in maniera automagica contenuti, connessioni e task sulla base:

  • di quello che sono (ruolo e autorappresentazione del profilo, ecc.);
  • di quello che faccio (#hashtag che utilizzo, contenuti che pubblico, sottoscrizioni precedente ecc.).

Ora, perché questo pattern viene poco adottato nelle aziende? Credo che il problema stia nel fatto che questo tipo di funzionalità se ne sta in genere dietro le quinte, tra le pieghe di algoritmi a noi invisibili e perciò difficilmente replicabili. Per quali imperscutabili ragioni Amazon mi consiglia questo libro e non un altro? Come viene calcolato il grado di compatibilità tra lettori di Anobii? Nessuno lo sa con certezza.

Inoltre, in azienda si ha scarsa inclinazione per questi meccanismi legati alla serendipity: la retorica prevalente, come sappiamo, è legata alla precisione piuttosto che all’affinità.

In ogni caso, secondo una ricerca recente condotta da Usability resources inc (ricerca che potete scaricare da qui e che mette a confronto le funzionalità di Sharepoint con quelle della piattaforma Moxie, sponsor della ricerca) l’aspetto di wizard e di ricerca guidata è una delle chiavi per l’adozione di queste piattaforme.

Di questa ricerca è stata fatta anche un’infografica:

does-design-matter_new1.jpg

 

Finisco dicendo che al momento sono alle prese con la progettazione di una piattaforma di condivisione per un ambiente di progettisti meccanici, i quali devono essere in grado di unire in uno stesso ambiente contenuti molto formali e strutturati con annotazioni e richieste informali.

In questo caso la piattaforma dovrà essere in grado di filtrare e notificare automagicamente persone e discussioni sulla base degli #hashtag più usati o sottoscritti dai singoli (credo che questo algoritmo ce lo dovremo creare ex novo).

Insomma, credo davvero che questo sia un pattern fondamentale. Qualcuno lo ha adottato in qualche progetto in Italia?