5 Apr. 2004

Ai neo laureati

Caro neo laureato, voglio dirti qualche cosa che potrà servirti quando ti affaccerai al mondo del lavoro nelle aziende. Sai, la vita ci pone continuamente di fronte a delle scelte e, anche se non sembra, ci chiede sempre da che parte vogliamo stare. Queste scelte ci cambiano, ci cambiano dentro. E a volte le facciamo senza accorgercene.

Le aziende, le organizzazioni, sono i più grossi produttori di cambiamenti nelle nostre menti. Sono dei manipolatori dolci e melliflui, che ci seducono con promesse da marinaio, e queste promesse si chiamano “progetti”.

Caro neo laureato, oggi tu hai tanti strumenti in più: sei colto, attento, motivato. Hai la tecnologia, hai la Rete e sai usarla. Cerca di usare questi strumenti nel modo migliore, ovvero per capire che il Mondo è qualcosa che va oltre te, oltre i tuoi progetti, oltre i tuoi stage, oltre la tua azienda.

Caro neo laureato, tu hai voglia di fare, vuoi affermarti ed esprimere qualcosa nel lavoro. Vuoi fare carriera, vuoi realizzarti, vuoi mettere a frutto le tue conoscenze. Ma per fare questo dovrai rimanere te stesso, restare una persona, avere voglia di giocare, non prenderti troppo sul serio.

Caro neo laureato, io ne ho viste tante di persone piene di idee, cariche di energia, gioiosi anarchici e donne originali trasformarsi nel giro di pochi mesi in macchine aziendali-borsa-a tracolla-tailleur, parlare al telefonino in mensa, mentre reggono il vassoio, vendute in nome di un progetto che diventa la loro unica ragione di vita. Macchine da gossip piene di rancore, animali da riunione la cui unica soddisfazione è annotare cose sul palmare-callulare.

Caro neo laureato, il tuo progetto continuerà anche senza di te. Il Mondo continuerà anche senza di te. Non sei un medico in una zona di guerra, non stai salvando neonati dalle fiamme: stai lavorando per dei manager che, spesso, non hanno la minima idea di cosa stiano facendo.

Caro neo laureato, la vita è una cosa troppo seria per metterla in mano ai manager, e per questo voglio darti alcune dritte:

  • non dire più “sì” di quanti siano necessari alla tua sopravvivenza
  • sappi dire “no” quando è il caso, e dillo a costo di essere autolesionista
  • non ridere alle battute dei tuoi superiori se non sono divertenti
  • pensa sempre in grande. Pensa a Gandhi, Aristotele, M. Luther King, Adriano Olivetti. Pensa da Dante, Nietzsche, Proust
  • una volta si diceva: “voi non siete pagati per pensare, ma per lavorare”. Tu pensa invece che non sei pagato per lavorare ma per pensare. Usa il cervello, sempre
  • non pensare ai tuoi capi come unico metro di giudizio: non scegliere così miseri giudici per valutare le tue azioni
  • pensa al tuo lavoro come a un sofisticato gioco di società. Sarà la maniera migliore per realizzare cose serie
  • le regole che ti vengono date non sono scolpite nella pietra: sono spesso il frutto di tradizioni e di paura. Le regole sono un artefatto umano, e sono fate per essere cambiate

Caro neo laureato, mandami a cagare se vuoi, ma leggi questo brano di W. H. Whyte, scritto più di 40 anni fa, ma tutt’ora valido:

l’uomo dell’organizzazione deve lottare contro l’Organizzazione. Non stupidamente, né egoisticamente, ma lottare egli deve, poiché gli inviti alla resa sono continui e possenti, e quanto più egli giunge ad apprezzare la vita dell’Organizzazione tanto più difficile diventa per lui resistere ad essi, e anche soltanto riconoscerli. La pace mentale offerta dall’Organizzazione rimane una resa, e nulla di meno per il fatto di essere offerta con fare benevolo. Questo è il problema.

William H. Whyte, L’uomo dell’organizzazione – Einaudi 1960

Ecco. Questo volevo dirti. Ti prego: non venderti mai in cambio di una misera caramella avvelenata.