1 Feb. 2008

La vita senza istruzioni

Uno strano e interessante articolo sull’uso creativo e divergente di cose (e idee) da parte dei non addetti ai lavori. Spesso, per non dire sempre, gli usi reali sono molto diversi dagli usi progettati. L’articolo non ha uno scopo preciso, se non quello di invitarci a qualche morbida riflessione, o alla formulazione di un qualche abbozzo di domanda. Che in effetti mi viene.

Se guardo la mia vita, la tua vita, (e la guardo ogni giorno più faticosamente).
Nessuno ci ha spiegato come dovevamo vivere, il progettista ha lasciato istruzioni vaghe ed enigmatiche. E noi abbiamo provato ad interpretare, ci siamo arrabattati, abbiamo chiesto consigli, abbiamo riflettuto e ci siamo ingegnati a dare un senso a questa cosa che avevamo davanti. Ma più ci coinvolgevamo più capivamo che era una battaglia persa.

E questa indeterminatezza ci ha spaventato, in questo camminare nell’ombra ci siamo feriti. Ma alla fine sarà questo ciò che ricorderemo: le cose che abbiamo dovuto affrontare come enigmi, come strani e bitorzoluti eventi senza eleganza. Eventi.

Le cose di cui facciamo esperienza sono le cose che ancora non capiamo e forse la funzione del ricordo, il suo scopo più alto, è quello di permetterci di ricostruire, a posteriori, un senso, di dare un colore alle ambigue mezzetinte del quotidiano. Narrazioni, storie con cui ci curiamo, in cui ci culliamo. E che non bastano mai.

Ma forse il progettista è contento così. In fondo a chi verrebbe voglia di stare in un parco giochi di cui conosce tutti i trucchi? Un vaso è un vaso finché non diventa qualcosa d’altro. Quando ci saremo trasformati in utenti esperti, quando le istruzioni ci saranno finalmente chiare e  sapremo maneggiare questa sostanza senza forma, ecco allora saremo finalmente degli intenditori, ma forse non ci sarà più alcuna “user experience”.

In fondo la saggezza è il confine dell’esperienza e la vera domanda è quanta esperienza possiamo ancora permetterci prima di trasformarci tutti definitivamente in persone sagge.

Spero che niente, alla fine, si realizzi. Perché solo così potrà, forse, realizzarsi tutto.