19 Lug. 2006

Tra crowdsourcing e virtualizzazione il messaggio è diamoci da fare

Nel valutare un possibile impiego ho sempre considerato discriminante lo stipendio (ovviamente), ma anche il “ritorno” specialistico che ne deriva. In parole povere, un impiego deve pagarmi, ma deve anche farmi crescere professionalmente, altrimenti sono destinato a “soccombere” prima o poi alle competenze di qualcun altro, italiano o straniero che sia.
Simone brunozzi

Parole s a n t e. Questa citazione è tratta da un bellissimo articolo apparso oggi su Punto Informatico, che vi invito a leggere perché parla di noi, di quello che saremo come professionisti della comunicazione digitale nei prossimi anni. E parla anche dei giovani, dei neo laureati  e dei neo inseriti nel mercato del lavoro globale. Di quello che ci aspetta e di quello che dovremmo fare. Uno scenario difficile, ma al quale ci sono antidoti anche nel nostro Paese provinciale, conservatore e schiavo di standard tecnologici e lavorativi decisi altrove.

Se a questa notizia associamo quella apparsa il 17 luglio su Repubblica, riguardante il “crowdsourcing“, lo scenario si  arricchisce ulteriormente. Lavorare, oggi, assomiglia sempre di più a una grande conversazione collettiva. Ma per parteciparvi bisogna conoscerne “la lingua”. E questa lingua, come la partita di calcio di Alice, cambia continuamente sotto i nostri occhi.

Ce la faremo?