9 Set. 2006

Nel tessuto dei segni

Parlare, scrivere, archi-scrivere. Logocentrismo, fonologismo, metafisica. “Differanza” (e questa volta non è un errore ortografico). Sto alludendo ovviamente a Jaques Derrida, uno dei più enigmatici, produttivi (e profetici) filosofi del nostro secolo. Un filosofo complicato, sia per la densità dell’eredità culturale di cui si fa portatore, continuatore e “decostruttore” (Husserl e Heidegger, Hegel e De Saussure, Blanchot e Levinàs, e molti altri)  sia perché la sua  riflessione è (per necessità) sempre condotta sul gioco degli stessi significanti linguistici. Da qui il suo stile sfuggente.

E allora, per capirne qualche cosa di più ho scovato i video di una lezone di Carlo Sini dedicata proprio a Derrida e al tema della Differance. Il contesto è quello delle splendide Vacances de l’espirit, promosse dall’associazione asia. All’epoca (15 anni  fa) snobbavo le lezioni di Sini all’univesristà. Non ricordo neanch’io perché.

Requisiti di sistema: banda larga, un’ora e mezza da dedicare alla meditazione pura sul tema della metafisica occidentale e la voglia (deisderio, bisogno) di capire qualche cosa di più del tessuto di segni del quale siamo fatti. Ne vale la pena. E può darsi che dopo questa lezione a qualcuno scatti  qualche cosa dentro, come capita per le cose destinate a restare.