17 Ott. 2004

Gli esorcisti del ROI

Su Portalino, il vortale dedicato al mondo delle banche, si torna a parlare dei sistemi di misurazione delle Intranet, il famigerato ROI (Return Of Investement). Ogni volta che se ne parla (o, più spesso, se ne straparla) veniamo richiamati, noi, bambinoni entusiasti della comunicazione online, noi, superficiali e ingenui spreconi, alla fredda consapevolezza che non stiamo parlando di un gioco da smanettoni, ma di qualcosa che dovrebbe, ehm, incrementare il valore dell’azienda, abbassare i costi, migliorare, insomma, l’efficienza. Bene, ci diciamo, non è un gioco allora, ci cospargiamo il capo di cenere, ci togliamo il sorriso idiota dalla faccia e leggiamo, attenti e disciplinati, cosa dovremmo fare per misurare questo benedetto ROI.

E qui cominciano i problemi perché in realtà, al di là dei termini ridicolmente consulenzesi con cui la questione viene spesso affrontata, sotto al sole regna la più grande confusione, per non dire altro. Ci viene detto che dobbiamo darci degli obiettivi (ma va’…). Non solo: dobbiamo anche darci degli indicatori (però..) e poi dobbiamo, sentite un po’, monitorarli. Capito?

Fiuuu, meno male che ci avete avvisati, e noi che pensavamo che intranet fosse una forma di videoarte, ma volete dirci, per cortesia, a quali indicatori stavate pensando? Beh, il traffico naturalmente, i visitatori unici, le sessioni, ecc. Insomma le solite cose. Poi alcuni indicatori di efficienza rispetto al riposizionamento i rete di processi gestiti prima su carta. Quali siano questi indicatori non è dato sapere. Per finire si fa un generico (e un po’ patetico) appello all’incremento di sapere, attraverso la misurazione della partecipazione alle community (e che il Knoleggge manggement nun ce lo voi métte…?)

A questo punto i superficiali-spreconi-smanettoni-giocherelloni si stanno rotolando per terra dalle risate: e voi volete misurare il ROI con questo? Ragazzi, ma allora siete più giocherelloni di noi, potevate dirlo prima che organizzavamo una pizza, invece di andarvene in giro con giacca, cravatta, sguardo consulenziale e pile di slide. Ok, io non sono nessuno, ma vorrei provare a fornire, nella mia ingenuità, qualche indicatore che possa aggiungersi a quelli sopraelencati. Ad esempio:

– Se fornite un servizio online provate a misurare, presso l’ufficio coinvolto, quante telefonate arrivavano prima e quante dopo il lancio del servizio
– Se fate della formazione online misurerete, ovviamente, il risparmio in termini di spese di trasferta e di eliminazione dei tempi morti (ore viaggio ecc)
– Mettete la documentazione online? Misuarate, tramite l’ufficio acquisti, il numero di risme di carta risparmiate.
– Aprite un forum tecnico? Misurate il numero di richieste che arrivano al tradizionale punto di Help desk, per vedere se diminuiscono grazie all’aiuto che i colleghi ricevono on line dagli altri colleghi.
– Poi c’è il Knowledge management: ragazzi quì siamo veramente su un terreno minato: misurare la crescita della conoscenza diffusa è un po’ come misurare l’acqua del mare con un secchio. Ad ogni modo: potete fare un simpatico test on line ogni anno con alcune domande “topiche” e vedere qual è la risposta media, per capire come mediamente, alcuni temi siano assimilati e diventino patrimonio comune.