5 Ott. 2011

Il microblogging interno tra fantasia e realtà

E’ uscito recentemente un bell’articolo di Catherine Grenfell dedicato al microblogging interno e alle sue tante implicazioni e conseguenze. Vi consiglio di leggerlo perché affronta diversi temi legati a questo tipo di tecnologie in azienda.

Ci sono in effetti tanti aspetti da considerare, che si trasformano in altrettante domande: è bene lasciare che le persone usino liberamente queste piattaforme o  il loro uso va regolato?  E se va regolato in che modo è utile farlo per evitare che l’iniziativa venga ignorata? Quali sono le funzionalità in più necessarie a trasformare queste piattaforme in strumenti utili all’attività lavorativa? La crescita va sostenuta da una qualche forma di community management? Sono strumenti adatti a tutti i contesti?

Le domande potrebbero proseguire, ma leggendo alcuni casi, ad esempio il caso (interessante) dell’uso di Yammer in Capgemini o di quello sull’introduzione di Yammer tra gli impiegati di Ragan, alcuni elementi cominciano a chiarirsi, dando degli abbozzi di linee guida.

 

Che utilizziate strumenti commerciali come Yammer o il recente Tibbr (su quest’ultimo ecco un approfondimento di Ross Dawson) oppure strumenti open source come Elgg o Identi.ca (su quest’ultimo ecco un approfondimento) ci sono alcune regole di base che stanno emergendo e che alcuni tra articoli che ho citato definiscono piuttosto chiaramente. Proviamo ad elencarle:

– Integrazione LDAP: la piattaforma deve essere integrata facilmente con i sistemi di directory aziendali, sia per le questioni di autenticazione sia per le profilazioni nello streaming di publishing

– Tassonomie: la libertà e la facilità di  publishing dovrebbe poter essere compensata con un sistema tassonomico flessibile ma definito a monte, che permetta alle persone di pubblicare e iscriversi a streaming differenziati a seconda degli interessi professionali. Guardate i “channels” nello screenshot che ho pubblicato sopra.

– Policy: vanno definite in modo chiaro, così da indirizzare il tipo di comportamenti che si svolgeranno online tra i colleghi nei contenuti, nello stile, nelle possibilità offerte (ad esempio quella di aprire un nuovo gruppo).

– Notifiche: vanno utilizzate in modo intelligente le possibilità di notifica via email, sia dei post che degli eventuali digest per chi vuole collegarsi solo saltuariamente.

– Lavoro con i champions: vedendo i casi pubblicati è chiaro che vi sarà una differenziazione di comportamenti tra i colleghi: solo il 5% sono in media utenti attivi, mentre la maggior parte restano, in genere, spettatori. Ok, no problem, va bene anche così, ma ricordiamoci di coinvolgere e valorizzare i colleghi più attivi e di fargli fare da apripista.

– Uso da parte del management: il management dovrebbe essere in prima fila nel promuovere questo modo di condivisione.

Credo che questo tipo di tecnologia diventerà, almeno in una forma base (come semplice piattaforma SaaS) uno standard nei progetti e nelle piattaforme enterprise dei prossimi anni. Ed è bene attrezzarci fin da subito per capire che cosa possiamo e che cosa non possiamo aspettarci.