A pensarci bene, di fronte al – frequente – problema di “mappare le competenze e gli skills” delle persone in azienda mi sento un po’ come Sant’Agostino di fronte al concetto di tempo (Cos’è dunque il tempo? Se nessuno m’interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m’interroga, non lo soConf.  11, 14,1 7).

Insomma, siamo tutti d’accordo che avere una “mappa” dinamica di quello che le persone sanno fare, magari associata  al loro profilo personale e ricercabile per parola chiave, sia una cosa ottima per tutti, ma quando cominciamo a riflettere su cosa siano e come debbano essere raccolte queste competenze cominciano i problemi.

Fate questo esperimento: mettetevi davanti ad un foglio bianco, spegnete il computer e il cellulare, concentratevi e provate, in 5 minuti, a scrivere i vostri skill sul foglio. Fatto? Non è un gran risultato, vero? Magari avete una conoscenza perfetta delle strade di Barcellona, ma non vi è venuto in mente di scriverlo. E così. Se però vi chiedo di elencarmi i vostri skill sugli applicativi grafici, sulle tecniche di meditazione, sulle lingue straniere o sui sughi col pomodoro ecco che la vostra mente comincia a ritrovare degli elementi. Una specie di archeologia dei saperi (scusate il gioco di parole foucaultiano).

Il fatto è che le competenze si comportano come il linguaggio, nel modo in cui Wittgenstein lo raffigurava nelle Ricerche filosofiche in un celebre passo (ecco un riferimento tra i tanti):

Il nostro linguaggio può essere considerato una vecchia città: un dedalo di stradine e di piazze, di case vecchie e nuove, e di case con parti aggiunte in tempi diversi; e il tutto circondato da una rete di nuovi sobborghi con strade diritte e regolari, e case uniformi. (Ric. Fil, oss. 18)

Esistono skill perfettamente definibili, perché appartengono a una qualche pratica specialistica dominata da sottocodici linguistici (i sobborghi con le strade dritte nella metafora di Wittgenstein) e una propria storia consolidata nel tempo (pensiamo alla divisione accademica dei saperi). Ma ne esistono altri che possono emergere solo laddove una qualche forma di “contesto” ne ritagli  il profilo: conoscere perfettamente le strade di Barcellona è uno skill – eccome – per un pony express catalano.

Si potrebbe continuare a divagare, ma vorrei invece fermarmi per osservare come, in questo terreno così scivoloso e pieno di trappole si siano create nel tempo  due strade, una antica, l’altra recentissima, che affrontano il problema da due punti di vista diametralmente opposti:

  • l’approccio top-down, rappresentato da tutti i progetti più o meno tradizionali di skill matrix, ovvero la definizione delle competenze come un catalogo precostituito associato al proprio ruolo, secondo il tradizionale approccio dello skill management;
  • l’approccio bottom-up, rappresentato oggi nella sua forma migliore dalla sezione skills di Linkedin, non a caso una sezione definita sperimentale, che consiste nella mappatura degli skill a partire da una raccolta non regolata di tutti gli utenti.

Le due strade per mappare le competenze

Il primo approccio è piuttosto semplice (e anche divertente) perché prevede una sequenza di passi piuttosto chiara:

  • definire i ruoli organizzativi nell’organizzazione;
  • associare le competenze richieste per ciascun ruolo;
  • mappare le competenze (in genere con un grading da 1 a 5);
  • predisporre le necessarie azioni di sviluppo per coprire i “buchi” di competenze nei diversi ruoli.

Di seguito alcuni esempi, più o meno “evoluti”, di questi approccio:

mappatura_skill_top_down

 

sungard_avantgard_skillmatrix_reporstartscreen_web

Il primo esempio è tratto da un progetto che ho seguito personalmente per operatori di call center: potete notare, nella versione aggiornata dell’applicazione, che a fronte della competenza mappata dalla persona vengono proposti, in modo automatico, dei contatti che hanno competenze simili e dei materiali formativi a supporto.

Il secondo appartiene invece ad una intranet che ha vinto un premio nel 2009 nel contest di StepTwo.

 

Ora, paragoniamo questo approccio a quello che vediamo all’opera in Linkedin:

Skill Linkedin 01

 

Skill Linkedin 02

 

Quali sono le differenze? Elenco le principali:

  • Le competenze non sono legate al ruolo: posso essere esperto di giardinaggio e di Photoshop;
  • le competenze sono un catalogo dinamico che si alimenta man mano: ogni nuova aggiunta diventa così una possibilità da selezionare per chi viene dopo;
  • le competenze diventano Tag, che vengono  associati da basso in base alle associazioni che gli utenti stessi fanno (è probabile che se sono competente in “intranet strategy” lo sia anche in “intranet portals”, semplicemente perché gli utenti tendono ad associare il possesso di queste competenze);
  • le competenze vengono valutate dagli altri, che possono confermarne il possesso, aggiungendo così anche un meccanism,o di gioco e relazione, oltre che di filtro e selezione;
  • sono le persone stesse ad aiutarsi nel definire quali competenze mettere, grazie al semplice meccanismo di autocomplete che il sistema propone.

Vi confesso che trovo questo esperimento di Linkedin di un’importanza cruciale e penso che chiunque si occupi di competenze in azienda dovrebbe seguirlo con attenzione. Credo che questo esperimento (che forse solo Linkedin poteva fare, sia per il volume di utenti sia per la sua natura come social network) ci dica molto già adesso su quali siano i meccanismi necessari per creare sistemi simili in azienda.

Da parte mia vedo almeno due azioni indispensabili affinché queste iniziative non si rivelino un buco nell’acqua:

  • creare sempre un contesto, ovvero un insieme di “categorie” che aiutino le persone a fare mente locale su quali siano le competenze da elencare. Le categorie dovrebbero essere aperte e dinamiche come gli stessi skill, ma dovrebbero costituire un nucleo di partenza
  • creare un bacino, ovvero permettere alle competenze già inserite di fare da guida per i colleghi, ad esempio attraverso i sistemi di autocomplete.

Aggiungiamo, come sempre, una buona dose di pazienza e umiltà: la partecipazione degli altri è sempre un regalo, non dimentichiamolo.