11 Apr. 2004

Perché i Doctor 3 sono bravi

I “Doctor 3” sono tre jazzisti abbastanza famosi, se si può parlare di fama all’interno dello sfigato ambiente jazzistico, popolato da sfigati squattrinati segaioli, che dopo avere studiato con la testa china per vent’anni, se va bene, ed essere capaci di produrre cose che fanno venire la pelle d’oca, si ritrovano a suonare per venti persone e 50 euro se va bene (per la cronaca: se cercate donne, soldi, successo, non entrate nel mondo del jazz. Solo per questo vi amo jazzisti…), beh, questi tre hanno fatto un gruppo, i Doctor 3 appunto.

E già questo è stano: nel jazz sono rarissime le formazioni stabili. Si contano sulle dita di una mano. Il resto è composto da anime individuali che peregrinano con il loro strumento e si ritrovano, talvolta, a suonare assieme sulla base di un grande “Altro” che è la musica jazz.

Ora che ci penso, questo mi ricorda i blog…

Va beh, insomma, questi qui, i Doctor 3, invece un giorno si ritrovano e dicono: noi siamo bravi, siamo bravissimi, ma dobbiamo guardarci intorno. Noi suoniamo il jazz ma perché, dico perché dobbiamo rinchiuderci in questo recinto armonico-ritmico-melodico, che poi la gente dice “che palle sto jazz…”?

Parliamoci francamente, cosa rimane più impresso nell’orecchio dell’ascoltatore medio che non è stato iniziato alle sfigate alchimie matematiche del jazz? Cosa si fischietta mentre ci si fà la barba? Le sequenze II-V-I? I temi di J. Coltrane? E tu Danilo guardami in faccia: sei un mostro di bravura, un poeta del pianoforte, uno dei migliori d’Europa, ma quanti ti conoscono in Italia? Danilo, non barare, i parenti non contano…

Insomma questi si mettono d’impegno e cominciano a studiare i temi delle canzoni pop, della musica tradizionale, della canzone d’autore, della canzone melodica italiana. Prendono Domenico Modugno, Sting, i Led Zeppelin, i Beatles. Usano Caludio Baglioni, Sakamoto, Peter Gabriel. Gli U2. Da lì ripartono per ricostruire un percorso jazzistico che vada oltre il jazz. Usano questi temi, li ripropongono, li stravolgono, li ammiccano, li ricompongono. E fanno jazz. E’ questa la cosa grande.

Beh, un trionfo. Migliore formazione jazz del 1999, se non erro. Umbria jazz. Insomma, un grande successo. Finalmente il jazz scende dal piedistallo e ritrova i suoi ascoltatori, riscopre le sue radici popolari e si mostra come un complesso meccanismo capace ancora di stupire e emozionare. Finalmente il jazz. Finalmente.

In vacanza, con i miei amici non jazzisti, ascoltavamo i Doctor 3. Loro riconoscevano i temi, ed erano felici. Anche Io ero felice.

Grazie Doctor 3.