13 Apr. 2005

L’importanza del fattore G(ino)

Mai addormentarsi sugli allori. Mai credere di essere arrivato alla fine. Mai credere che non accada nulla solo perché alle nostre orecchie non arriva nulla. Mai credere di aver creato la intranet che non lascia scampo.
Abbiamo raccolto tutte le informazioni possibili e immaginabili, abbiamo una rete di referenti ramificata e attenta, siamo sensibili e innovativi. Insomma ci diamo da fare, sulla nostra intranet. Eppure.

Eppure qualche cosa non torna, un senso di incompletezza, un imponderabile fattore “G” che grava sulla nostra intranet e sul nostro stomaco, e che ci lascia eternamente insoddisfatti.

In mensa, mangio da solo. A fianco a me altre persone. Chiacchiere informali alla mia  sinistra, chiacchiere informali alla mia destra. A sinistra si discute animatamente della scarsa trasparenza nei criteri di sviluppo del personale (questo risuona nella mia mente come: datti da fare per renderli più chiari attraverso la intranet!). Tuttavia il tema è ben conosciuto, e gode di una serie di varianti e di un’aneddotica pressoché infinita.

Alla mia destra invece, le cose si fanno più interessanti. Si discute di operatività concreta. Una collega di non so quale settore commerciale parla a una collega della Direzione Centrale. Argomento: modalità organizzative interne. E salta fuori che grazie ad un software realizzato da Gino ora i dati sparsi e disomogenei sono diventati una base dati coi fiocchi. Tutto più facile, efficiente, efficace.
La collega della Direzione centrale annuisce, compiaciuta, come a dire si, ovvio, certo, un certo Gino si è inventato una certa cosa nuova fuori procedura per fare funzionare il tutto. Nella disinvoltura di questo dialogo mi si manifestava, nella sua disarmante chiarezza, il potere subdolo e tenace del fattore G.
Avrei voluto immischiarmi, chiederle ma chi cavolo è questo Gino, dove lavora esattamente, di che cosa si occupa, dove ha imparato a programmare? Avrei voluto sapere dove, come, perché. Avrei voluto premiare Gino, farlo conoscere in giro, diffondere la sua iniziativa in tutti gli stramaledetti settori analoghi della stramaledetta organizzazione.

E invece il nostro Gino resterà un mistero organizzativo, un confinato regionale, un innovatore in provetta, un Leonardo de ‘noantri, conosciuto da quattro gatti e sconosciuto ai più. Ma forse, pensavo, non è meglio così? E se poi venisse rimproverato per aver violato qualche cacchio di procedura? In fondo chi è ‘sto Gino? Chi l’ha autorizzato?

Tutto questo accadeva, in mensa. E tutto questo, probabilmente,. accadeva in tanti altri tavoli, in tante altre mense di tante altre città. In tanti altri luoghi della mia grande azienda schiacciasassi. Quanti sono i nostri Gino, e quanto  pesa il loro invisibile lavoro nell’economia della mia organizzazione? E quante sono le organizzazioni informali che si sono create grazie ai tanti Gino e che fanno andare avanti la baracca?  Potremo, un giorno, far emergere Gino dall’anonimato, dargli un volto, riconoscerlo? Potremo non aver paura dell’innovazione, di noi stessi, e della nostra ombra?  Forse si, ma fino a quel giorno in intranet mancherà qualche cosa.
Grazie, Gino.